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mercoledì 22 novembre 2017

Sulla manipolazione, note dopo una notte insonne

Non mi ricordo quando mi sono reso conto di essere stato molto manipolato da bambino: questa consapevolezza è semplicemente parte del cammino che sto percorrendo da qualche anno. Ora sono molto più attento ai manipolatori e alle manipolatrici, ma se non è facile (almeno per me) rendermene conto in un tempo ragionevole ora che vado per i quaranta, immaginiamoci in età infantile e adolescenziale. Qui vorrei però, a seguito di una “illuminazione” notturna, accennare a un ambito, che mi ha accompagnato per tutto il mio cammino, nel quale le manipolazioni forse sono cosa abituale: l’ambito cristiano, anche quello “liberale”, lontano dal fondamentalismo (che conosco più per letture fatte che per frequentazioni). Poco fa mi è venuto da pensare a tutta una serie di persone da me incontrate in ambito cristiano che, ognuna a modo suo, ha tentato di manipolarmi per farmi fare quello che loro desideravano, ovvero per realizzare il loro sogno di chiesa e di comunità.



Perché hanno scelto me? (Ennesima parentesi: volendo fare un discorso minimamente generale, escludo, per le stesse ragioni di cui sopra, altri ambiti religiosi, che non conosco dall’interno, e l’ambito unitariano, che conosco bene ma che è peculiare e distinto da quello cristiano) Per la mia giovane età, per la mia ingenuità? Certamente sì… ma sicuramente queste persone percepivano qualcos’altro in me, subito, a pelle: potremmo definirla la voglia di darsi da fare, di essere utile, oltre alla personale disponibilità, soprattutto all’ascolto. A dire il vero, io entravo nelle comunità valdesi desideroso di trovare compagnia e approfondimento del cristianesimo: non immaginavo che, attorno, ronzassero mosconi i cui scopi erano a volte poco chiari, a volte espliciti, ma quasi sempre riconducibili a uno scopo fondamentale: dirigere altre persone per far loro fare i loro comodi, più o meno mascherati da evangelizzazione, da aiuto, da guida spirituale etc. Sono sempre stato lieto di incontrarle e ascoltarle: non era per questo che avevo varcato la porta delle varie comunità? Uscire dal mio isolamento, trovare un nuovo scopo nella vita dopo il fallimento dell’università? La comunità, in ambito spirituale, è importante, non allo stesso modo per tutti e tutte, ma ne è componente fondamentale: anche adesso che ho iniziato un cammino molto personale, non posso sempre prescindere da un confronto con una comunità. Ho sempre ascoltato volentieri chiunque si avvicinasse a me in questo ambito, anzi, ero io ad andare a cercare gli altri.

Ma queste persone non erano parte integrante delle comunità valdesi, al contrario, stavano quasi sempre ai margini: chi faceva parte di Chiese più conservatrici, chi era emarginato già di suo, come stile di vita, chi si era avvicinato da poco ma voleva conservare la sua autonomia di fede e di pensiero, chi veniva da altre realtà cristiane e lottava per integrarsi nel nuovo ambiente, chi era ben integrato ma tenuto sotto controllo dai “superiori” per il suo stile peculiare e poco ortodosso di predicazione e di azione. Tutti costoro avevano la loro idea di chiesa e di comunità e, chi in un modo chi in un altro, cercavano qualcuno che potesse aiutarli ad attuarla. Non certo che non fossero animati da eccellenti propositi, non lo metto in dubbio, ma guai a cercare di sottrarsi alle loro idee di chiesa e di comunità, quasi sempre estranee allo stesso ambiente valdese, che infatti li teneva ben distanti. Un tasto su cui pigiavano molto era quello dell’evangelizzazione, un concetto con cui ho lottato abbastanza a lungo, a volte da solo, a volte con una di queste persone, molto determinata a farmi uscire dalla mia introversione. Per alcune di loro, l’evangelizzazione era tutto, superando in zelo (almeno a parole) quasi tutti i valdesi d’Italia e del mondo. Zelo che non mi è mai penetrato nella pelle… a parole anch’io ho auspicato l’evangelizzazione di fronte alla comunità: ora sono lieto di essermi sbarazzato di fisime del genere (le quali non possono che produrre lacerazioni nella mente di un introverso), pur rimanendo pronto a dare testimonianza della mia fede personale se richiesto.  

 

Cosa è rimasto di tutto questo? Poco o nulla, per fortuna: poco o nulla, perché di tali persone mi sono sbarazzato piuttosto in fretta, oppure si sono messe l’anima in pace (sbarazzandosi loro per prime delle loro personali fisime), mantenendo rapporti più che cordiali con me; per fortuna, perché così, nel ricordo, mi tormenteranno meno. Restano comunque gli insegnamenti che queste persone mi hanno dato, pur nei loro evidenti difetti. Anche il senso di umiliazione si è quasi del tutto dissolto: certo, ho vissuto profondi scoramenti, ma questo è avvenuto nell’ambito che più di tutti mi è congeniale: quello religioso. Volenti o nolenti, hanno rafforzato la mia fede e il mio cammino ne è risultato arricchito.

Giacomo Tessaro  

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